Codroipo

Caffè Letterario: ultima fermata Afghanistan

di Silvia Polo

©LR
Richiama il pubblico delle grandi occasioni l’intervento del giornalista di guerra Fausto Biloslavo nel giovedì sera del Caffè Letterario Codroipese, conquista tutti con i suoi racconti così vividi e commoventi. Che la sua sia una vera vocazione lo si percepisce benissimo, dallo sguardo, dalle parole incisive: un giornalismo vero che lo ha portato da free lance nei teatri di guerra più tremendi e pericolosi come il Libano e l’Afghanistan degli anni ‘80, la ex Jugoslavia, la Cecenia, la Libia e poi di nuovo l’Afghanistan, il paese che più gli è rimasto dentro e da cui è appena tornato dopo i fatti di agosto e settembre.
A sospingerlo con tocchi leggeri è il buon Paolo Mosangini, che scandisce domande brevi e intelligenti sulle tappe più significative del percorso professionale del giornalista triestino; il racconto si arricchisce così di aneddoti e immagini, come la foto scattata coi mujahidin o quella delle donne che protestano contro i talebani dimostrando un enorme coraggio. Si passa poi alla narrazione della pericolosa detenzione nelle carceri filosovietiche a Kabul, della fortuna di immortalare Yasser Arafat in fuga da Beirut, fino all’Afghanistan di adesso che si riassume in una fotografia straziante: una disperata mano di bambina tesa a implorare il suo aiuto fuori dall’aeroporto della città. A quel punto l’urgenza della cronaca, sempre energica e lucidissima, rallenta i modi e si accompagna all’emozione, mista a una sorta di nostalgia. “Non potevo fare nulla per salvarla, solo mostrare al mondo le sue lacrime” ci dice.
“Per vent’anni l’Occidente ha fatto credere a queste persone che esiste un mondo diverso e molti afghani ci avevano creduto, rendendo la delusione ancora più cocente adesso che quel sogno si è sciolto come neve al sole di fronte all’avanzata dei talebani” denuncia, “Non si può esportare la democrazia come si fa con un apparecchio elettronico”. Gli americani volevano andarsene da diverso tempo, in fondo l’Afghanistan è la tomba degli imperi, ma farlo in questo modo è pari a buttare via tutto: morti, risorse, impegno, tutto disperso insieme a un ex presidente che è scappato con la cassa. I talebani hanno preso in mano il paese adesso, sarà difficile scalzarli e migliaia di persone sono rimaste indietro, rischiano seriamente la vita per l’accusa di collaborazionismo col nemico. Difficile immaginare corridoi umanitari o concessione di espatri da parte degli studenti guerrieri.
La gravità della situazione afghana è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere e sapere, ecco perché il lavoro di Biloslavo ci appare così fondamentale. Il dramma raccontato di un (altro) popolo senza pace ha lasciato il segno in questa bella e amara serata.

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Ultimo aggiornamento: 24/04/2024 17:08