Codroipo, Sociale

Legalità e sviluppo ecosostenibile secondo Don Ciotti

di Pierina Gallina

Che Luigi Ciotti, noto anche come “Don” Ciotti, sia combattente antagonista della mafia, il più famoso e tra i più a rischio d’Italia, che viva con la protezione della polizia, è noto a tutti.
L’incontro a 17 anni con un barbone su una panchina a Torino lo porta a 20 anni a fondare il gruppo “Abele” per l’accoglienza dei ragazzi in carcere. Affronta le piaghe sociali quali droga, prostituzione, scontro con i trafficanti, battaglia per i servizi collegati. Poi, il sacerdozio e le minacce, gli attentati, le stragi.
Fonda “Libera” come vicinanza ai familiari delle vittime innocenti della mafia. L’80% di essi non conosce ancora la verità e, solo dal 1961, sono riconosciute tali.
Quattro i pilastri che sostengono “Libera”: diritto alla verità, confisca dei beni della mafia, cultura ed educazione, giustizia sociale.
«Il NOI vince» è il cardine di Don Ciotti. Lo ha ribadito anche a Codroipo, in un auditorium alla massima capienza, il 13 ottobre 2021, accanto al giornalista Giuseppe Ragogna. A invitarlo il CTA (Coordinamento territoriale d’ambito) per il volontariato del Medio Friuli.
Nato a Pieve di Cadore, tra le Dolomiti, ha 76 anni e un ciuffo ribelle che gli contorna il viso. Ha una voce garbata e attualissima, abituata alle folle. Il tono è deciso e potente e s’infervora sui termini più ripetuti: “Urgenza di rigenerazione, libertà, accoglienza, dignità, fratellanza”. Si illumina quando parla dei ragazzi, per lui, “autentica meraviglia”.
“Dobbiamo inondare di segni di speranza e fiducia. Di più, di più, di più. Non tutti siamo chiamati a fare tutto, ma c’è urgenza di cambiamenti veri. Dobbiamo fare una bonifica di parole, che richiedono azione e responsabilità. Dobbiamo avere occhi aperti e grandi, nei momenti di buio, come gli uccelli notturni, reagire al cambiamento epocale, sanare le mancanze, i ritardi, facendo emergere le cose positive. Dobbiamo fermare l’emorragia della violenza con la rivolta delle coscienze e rigenerarci, tutti. Perché, ciò che non si rigenera, degenera”.
E continua: “Questi problemi c’erano ben prima del Covid. E io voglio lottare per il bene del mio paese, che ha tante cose belle e devono emergere. Troppi i problemi aperti: dispersione scolastica con uno su tre abbandona gli studi prima delle superiori, assenza di lavoro, povertà assoluta per sei milioni di persone. Urge la legalità, come esigenza fondamentale della vita sociale, come uguaglianza, come mezzo al servizio della giustizia. Senza civiltà, la legalità resta parola astratta: lo diceva Giovanni Falcone”.
Consegna un messaggio alle donne: “Grandi protagoniste, oggi, come quelle ai piedi della croce. Le donne stanno rompendo, dal di dentro, tutti i codici”.
E di Bartolo, un barbone che dormiva in una scatola di cartone: “Con quattro stracci, era un uomo vivo e frammento di Dio. La sua scatola, un ostensorio, come i luoghi di accoglienza, perché lì vive Dio, che non sta in cielo, ma in mezzo a noi, dove il volontario spende un po’ della sua vita per gli altri”.
Alla domanda “Teme per la sua vita?” egli risponde: “Io sono piccola cosa. Posso morire, ma non si potrà uccidere un movimento mondiale, attivo e forte, dall’Italia all’America Latina e all’Africa. C’è una crescita di consapevolezza mondiale di fronte al male”.
Un interminabile e intensissimo applauso ha salutato Don Luigi Ciotti, atteso da tantissime persone, con striscioni di “Libera” e con la stima stampata negli occhi. 

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Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 01:48