Talmassons, Libri, Ricordi

Un protagonista della Storia a Talmassons

di Raffaella Beano

Alessandro Marcon, studente del Liceo “G. Marinelli” rivisita le Memorie del nonno Giacomo, soldato su più fronti.
“Eroi in ombra. Storie di vita in tempi di guerra ritrovate nei cassetti di famiglia” è il titolo del libro, curato dalla prof.ssa Marcella Zampieri, che il Liceo Marinelli di Udine ha pubblicato nello scorso aprile. E’ il frutto di “Piccole storie”, il laboratorio di ricerca storica del liceo, nato sotto la preziosa regia di Angelo Floramo. Gli studenti hanno aperto gli archivi familiari, esaminandone i “tesoretti".
La pubblicazione è stata realizzata con il contributo della prof.ssa Maria Elisa Gandin per onorare la memoria del padre Addone che, diciannovenne in tempo di guerra, è stato studente, soldato e partigiano della storica Brigata Tollot.
Il libro presenta due ricostruzioni curate dagli studenti Alessandro Marcon e Alessandro Strizzolo, che si sono occupati delle vicende dei loro nonni, Giacomo Marcon di Talmassons (1911-70) e Ginelli Valusso (1918-94) di Martignacco, trascrivendo e analizzando i contenuti delle Memorie del primo e del Diario del secondo.
“Certo, precisa l’insegnante Zampieri, non sono i grandi protagonisti che tutti conoscono; nondimeno, avvicinandosi a questi , così si esprimeva il Marcon, si scopre che proprio quell’ombra comunica nuova luce, aiutandoci a scendere meglio nelle profondità della Storia, di cui i manuali possono tracciare poco più dell’impalcatura. Non solo, ma queste vicende, apparentemente piccole, si rivelano invece vere e proprie epopee”.
Giacomo Marcon, di Talmassons, ha una solida fede, profondi legami familiari, un acuto senso del dovere. Combatte in Etiopia nel 1935-36, scampando ai frangenti più atroci, che descrive nel quaderno di memorie steso quindici anni dopo la fine della guerra. Non mancano notevoli riflessioni d’ordine pratico e morale. Di nuovo, gli strazi dei soldati si fanno quasi reali per il lettore («si somigliava a una colonna di ubriachi, scemi, vecchi pezzenti luridi e sporchi, una divisione di fantocci scimoniti»): non solo in Africa, dove egli annotava contro la guerra, in favore della pace: "Non lamenti umani uscivano dalle arse boche ma da disperati forse è pegio da bruti. Persino a maledire Dio e la Mamma d'averli dato la vita per questa vita”. Un giovane come moltissimi travolto nella Seconda guerra mondiale, in Albania, a Corfù, nei Balcani, sul fronte orientale fra violenze inaudite, viaggi infernali, eventi quasi surreali, da cui ci si chiede come mai qualcuno possa uscirne vivo e sano di mente. Molti onori quando si rientra in patria egli evidenzia: "Anche Talmassons il mio paese natio pensava di accogliermi da trionfatore seben ignaro del mio operato. Ma in me non fu mai superbia o ambizione e non lo sarà mai". E conclude: "Una cosa sola vorei un po di giustizia fra noi mortali un po di comprensione un po' di eguaglianza un po' di amore che purtroppo manca".
Anche la prigionia di Ginelli Valusso è durissima, i tedeschi non fanno sconti, i lati più disumani si susseguono senza pausa. Eppure, infine, salvo e in grado di riprendere una vita normale, dirà . Grande e ricco di esperienze, di affetti, con un temperamento ottimista che gli ha permesso di non disperare, neppure quando era giunto ad invidiare i morti.
Ginelli Valusso, di Martignacco, prende parte alla guerra sul fronte giuliano nel 1941. Nell’autunno 1943 è in Slovenia arruolato nella fanteria e, dopo l’8 settembre, consegnate le armi ai partigiani jugoslavi, riceve dai superiori l’ordine di rientrare in Italia. Catturato dai tedeschi presso Trieste e trasferito come Internato Militare Italiano in Germania, si rifiuta di collaborare con le forze della Wehrmacht («Io non firmo!!!!») o di «passare civile» volontariamente. Al pari di molti altri, diventa lavoratore libero nell’estate del ‘44 per ordine di Hitler al servizio dei tedeschi. Con l’arrivo dell’Armata Rossa (aprile 1945) riesce, dopo varie vicissitudini, a rimpatriare in Italia. Il suo resoconto, ricco di tratti drammatici e commoventi, fa toccare quasi con mano lo strazio dei prigionieri: fatiche, malattie, vessazioni fisiche e psicologiche, nostalgia, lotta per la vita, freddo, digiuni ma Ginelli supera tutto con una fede semplice e profonda, legato alla Patria e al sogno di riabbracciare i suoi cari.
Zampieri conclude sintetizzando lo scopo del laboratorio dedicato, affermando: “Gli archivi familiari sono carichi, non solo di informazioni inedite e sorprendenti informazioni sul passato, ma anche di emozionante affettività. Meritano di essere esplorati, interrogati, restituiti al tempo presente: questo è stato il tentativo del Laboratorio di storia contemporanea del Liceo Marinelli, che ha rafforzato negli studenti ricercatori il gusto per la problematicità, avviandoli ad una coinvolgente avventura conoscitiva”.

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Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 01:48