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Vittorio Nocenzi e il Banco: emozioni a Majano

di Ilaria Mattiussi

©Vincenzo Nicolello
Cosa definisce un artista? Senza dubbio molto talento, umiltà e amore per il suo lavoro. Prima ancora di queste qualità c’è, però, la capacità di mettersi in gioco, esplorando nuove strade, percorrendo sentieri non battuti. È questo il caso di Vittorio Nocenzi, fondatore del Banco Del Mutuo Soccorso, gruppo che ieri sera, 14 agosto, ha incantato Majano. Abbiamo continuato la nostra chiacchierata con lui.

Ci racconta il vostro nuovo album “Transiberiana”?
È stato completamente scritto con mio figlio Michelangelo, quindi parla la lingua di oggi. Per questo motivo è stata importante anche la presenza di Filippo Marcheggiani, con noi fin da quando aveva 19 anni, uomo dei nostri tempi, ma cresciuto con il Banco. Entrambi ci hanno aiutati ad unire radici e contemporaneità. La mia idea era, infatti, quella di un disco autentico, che suonasse di necessità e non di maniera. Fin dalla prima nota doveva, quindi, riconoscersi il Banco Del Mutuo Soccorso, ma evitando di fare il verso a noi stessi. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo scelto da quale parte stare e ci siamo autoimposti dei paletti: solo chiarezza, coerenza e forza permettono alla personalità di emergere. All’interno di questo album ci sono brani che amo particolarmente, perché conservano un’ispirazione umana, artistica e concettuale.
Il vostro lavoro ha riscosso grande successo in tutto il mondo.
Sì, abbiamo ricevuto, in particolare, una recensione su “Prog UK”, la Bibbia della musica progressive mondiale che esce nel Regno Unito. L’articolo comincia con la frase “Everything sounds better in Italian” (Qualsiasi cosa suona meglio in italiano) e raccomanda di ascoltare l’album anche qualora non si abbia dimestichezza con l’italiano, perché trascende il linguaggio. Mi sono accorto di quanto quest’idea sia importante, non solo per il Banco, ma anche per la nostra cultura: di solito capita a noi nei confronti di brani inglesi. Leggere questa recensione è stato uno dei momenti più belli della mia carriera.
Quali sono state le emozioni nel lavorare con suo figlio Michelangelo Nocenzi?
È iniziato tutto in modo naturale. Michelangelo è pianista e batterista e capitava spesso mi facesse ascoltare qualcosa che aveva appena scritto. Lo trovavo talmente vicino alla mia sensibilità, che in alcuni momenti mi sembrava di averlo composto io, qualche minuto prima. Abbiamo scritto musica a quattro mani, come se l’avessimo sempre fatto. È stato il regalo più bello, durante un periodo drammatico: in fondo, così è la vita, che con una mano ti toglie, con l’altra ti dona emozioni che non ti aspetti.
A proposito di giovani autori, c’è qualcuno di particolare che ascolta in questo periodo?
Sì, per esempio Cory Henry, tastierista della Big Band “Snarky Puppy”. Il suo assolo al sintetizzatore nel brano “Lingus” è uno dei più belli che abbia sentito negli ultimi 30 anni. L’intera band suona con cura, attenzione e capacità di scrittura e orchestrazione che entusiasmano.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Ho già scritto, con Michelangelo Nocenzi e Paolo Logli, almeno due ore di musica nuova e inedita, che aspetta solo di essere arrangiata dalla band e registrata. Si tratterà del secondo disco che uscirà per l’etichetta discografica “Inside Out Music” e, come Transiberiana, sarà un album concept, anche se questa volta ispirato ad un libro. Abbiamo scelto nuovamente questa formula perché ci regala la possibilità di raccontare per immagini della mente e proporre giochi di musica particolari, che ne arricchiscono la struttura e, di conseguenza, l’emozione finale.
A conclusione della nostra chiacchierata, mi racconterebbe il primo episodio che le viene in mente, ricordando il percorso del Banco Del Mutuo Soccorso dal 1968 ad oggi?
Ce ne sarebbero molti. Nell’aprile del 1975 presentavamo alla stampa internazionale il primo album per l’etichetta “Manticore”, al teatro Malibran di Venezia. Gli strumenti erano arrivati ondeggiando pericolosamente via acqua, ma il concerto fu un successo. Emerson, Lake e Palmer, in rappresentanza dell’etichetta, arrivarono però solo al momento del bis. Una decina di anni fa, durante un’intervista notturna a Radio2 R.A.I. di via Assago, Keith Emerson, al telefono da Los Angeles, ci raccontò cosa fosse accaduto. Partiti in treno da Milano, avevano notato dal finestrino le Alpi imbiancate e si erano chiesti se a Venezia ci fossero le montagne. Si erano, così, accorti dell’errore solo qualche ora dopo la partenza, riuscendo comunque ad arrivare a destinazione, ma solo per il bis.
Ultimo aggiornamento: 18/04/2024 07:20