Arte e spettacoli

Maria Giovanna Elmi, amore, Friuli e futuro

di Ilaria Mattiussi

Se la ricordate solo come l’annunciatrice tv o la Fatina, vi sbagliate di grosso. Maria Giovanna Elmi è molto di più, a cominciare dall’amore per il Friuli. Ne abbiamo parlato durante una lunga chiacchierata.

Il suo primo incontro con il Friuli è avvenuto in maniera particolare...
Era il 1986. In quel periodo “Sereno Variabile” seguiva un progetto molto interessante, presentando il mondo in casa e l’Italia nel mondo. In quella particolare occasione, era stata organizzata una co-produzione con l’Austria. Ognuno avrebbe raccontato bellezze e tradizioni del proprio territorio e il programma sarebbe, poi, andato in onda sia sulla RAI, che sull’ORF, la televisione austrica. Avevo sempre viaggiato molto, ma non mi era mai capitato di sentir parlare di Tarvisio, non lo conoscevo. Dopo tre giorni di riprese in Austria, abbiamo attraversato il confine e siamo rientrati in Italia. Arrivati a Tarvisio, però, il pulmino della RAI si è rotto. Era il pomeriggio di sabato 13 dicembre e sapevo di dover assolutamente prendere l’ultimo aereo per Roma da Trieste. Il giorno successivo sarei, infatti, stata in diretta su RAI 1 con il programma “Toto TV Radiocorriere”.

Un bel problema, insomma.

Avevamo già un appuntamento con le autorità del Comune di Tarvisio per un brindisi e abbiamo colto l’occasione per chiedere aiuto. Terminati i festeggiamenti, c’erano dieci macchine pronte per accompagnarci in aeroporto. Ho visto la mia valigia infilata in un portabagagli e mi sono tuffata nel sedile posteriore di quell’auto. Davanti c’erano Osvaldo Bevilacqua, con il quale presentavo “Sereno Variabile”, e il conducente, un ragazzo alto in tuta da sci. Durante il viaggio ci raccontò che, nonostante le piste non fossero ancora aperte, non aveva resistito a sciare sulla neve fresca, fra la bruma, in compagnia di un piccolo capriolo. Le sue parole erano così emozionate che io, seduta dietro, avevo la pelle d’oca. Mi sembrava quasi di poter rivedere le immagini del suo racconto e del capriolo dalla coda come un fiocco bianco, a cui batteva forte il cuore. Il buio del pomeriggio inoltrato non mi permetteva di scorgere il volto di quest’uomo, ma i fari delle auto di passaggio illuminavano lo specchietto retrovisore, che mi restituiva due splendidi occhi verdi con le sopracciglia scure.

Dopo questo incontro vi siete rivisti?
Sì, Gabriele conosceva bene Roma e abbiamo deciso di darci appuntamento in Piazza di Spagna. In quel periodo avrebbe inaugurato Camporosso 2, ma sapevo di non poter tornare in Friuli durante le feste, perché sarei stata in diretta a mezzanotte, per l’annuncio di Capodanno a reti unificate. È accaduto, invece, qualcosa di straordinario: Rosanna Vaudetti mi chiese di cambiare turno proprio quella notte.

Tornò, così, dove tutto era cominciato.
Certo, in quell’occasione ho anche conosciuto la famiglia di Gabriele. L’ultimo giorno siamo saliti sulla cabinovia del Monte Lussari. Arrivati in cima, sono entrata nel santuario: era completamente vuoto ma dalla sagrestia proveniva una musica in sloveno simile a Stille Nacht, una sorta di benvenuto. Gabriele e l’amico che ci accompagnava avevano deciso di scendere con gli sci, io ho ripreso la cabinovia. In quel periodo era, però, in manutenzione e si è fermata quasi a metà, davanti ad un tramonto sulle Alpi Giulie dai colori stupendi. È la prima immagine che mi viene in mente quando penso al Friuli. Ho viaggiato molto e ho visto monti sulla cui cima c’erano antichi rifugi o moderni bar, ma nessuno di questi ospita un borgo del 1300, come il Lussari. Ancora oggi, salendo, provo la stessa emozione nel vederlo vestito di bianco.

È, insomma, un luogo del cuore.
Sì, così come i Laghi di Fusine e il percorso che li circonda. Il Friuli-Venezia Giulia è un incanto, dai luoghi più conosciuti, alle preziosità meno note, ma comunque curate e tenute bene. Forse manca un po’ di promozione. Ho seguito Gabriele nella candidatura alle olimpiadi invernali 2006, con il progetto “Senza Confini” che riuniva Italia, Austria e Slovenia e mi sono accorta di come, all’epoca, non sia stato abbastanza pubblicizzato l’inserto che il New York Times aveva dedicato al nostro territorio.

Prima di Sereno Variabile e dell’incontro con il Friuli, gli inizi come annunciatrice RAI. Qual è stata la sua esperienza?
Ho superato i provini e le lezioni di trucco e dizione. Il contratto è del primo aprile 1974, ma non è uno scherzo! Avevo una memoria pazzesca e mi bastava leggere gli annunci solo dieci minuti prima della diretta. Nel frattempo, avevo frequentato Lettere all’università, facevo Caroselli e avevo vinto il concorso di Grazia che cercava modelle per i prêt-à-porter.

Crede che la RAI abbia ancora bisogno delle annunciatrici?
Certo. Le ultime annunciatrici erano, però, riprese a figura intera. Mi viene in mente Claudia Andreatti, una donna bellissima, ma in piedi in un televisore nel quale non riesci a vedere il suo sorriso. Sei distratto dal vestito o dalle scarpe e non è semplice affezionarti a lei. Noi eravamo riprese con il piano americano e questo ci permetteva un rapporto vero con il telespettatore, che spesso riusciva a guardare al di là dello schermo. Proprio lo scorso novembre è uscito il libro di Michele Vanossi “Le signorine buonasera”, per il quale ha intervistato noi annunciatrici e altri personaggi della cultura e della televisione. A tutti mancano queste figure amiche. Siamo state considerate il biglietto da visita della RAI: qui abbiamo imparato il senso della misura, perché entrare nelle case dei telespettatori significa non eccedere mai ed essere sempre educate.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Ora, purtroppo, è tutto fermo a causa del Covid19, ma Rosanna Vaudetti ed io abbiamo già in mente una nuova idea. Si tratta di una sit-com dal titolo “Non si preoccupi, ci pensiamo noi” di cui dobbiamo registrare l’episodio zero. Nonostante il periodo sia difficile, siamo pronte!

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Ultimo aggiornamento: 25/04/2024 17:10