Arte e spettacoli

Palma d’oro a " Triangle of Sadness" di Ruben Östlund

di Angelo Cannella

Si è chiusa con la cerimonia di premiazione la settantacinquesima edizione del Festival di Cannes che ha sancito nuovamente il trionfo del regista svedese premiato con la Palma d'oro per "Triangle of Sadness".
Questa edizione sarà sicuramente ricordata, oltre che per l'altissima qualità dei film in concorso, alcuni premiati con degli ex equo, anche per la commovente cerimonia di apertura.
Collegato in video vi era infatti Volodymyr Zelens'kyj, il presidente dell'Ucraina, che fa un discorso a braccio in cui cita Il grande dittatore di Charlie Chaplin e parla dell'importanza del cinema per raccontare una storia di cui è importante non tanto l'inizio quanto la fine "una battaglia di cui c'è un eroe e un antagonista".
"Molti dei dittatori del ventesimo secolo-prosegue il Presidente -amano il cinema ma quello che rimane sono le immagini terrbili del documentario, il cinema è una sfida a questi dittatori, il cinema si è battuto per la libertà. Sono convinto che il dittatore perderà ma dobbiamo risentire le parole del 1940, il cinema non deve rimanere muto. Gloria all'Ucraina".
Nel corso del Festival, sono stati presentati diversi film molto interessanti ed alla fine, nella serata finale, sono stati premiati i migliori da parte della madrina della manifestazione, l'attrice italiana Jasmine Trinca
I giurati hanno incoronato nuovamente il regista svedese Ruben Östlund con il suo nuovo capolavoro "Triangle of Sadness", nonostante il regista scandinavo lo avesse vinto già con "The Square" nel 2017.
Un film drammaticamente politico e attuale, una satira accesa contro ogni forma di ipocrisia che vede protagonista un gruppo di persone che in tre situazioni diverse ma tra loro intersecate. Forse il film più “giusto” per questi nostri tempi di follia bellica, perché si pone anche contro la guerra, specie contro gli oligarchi (russi, inglesi, americani..) che si arricchiscono da fabbricanti e mercanti d’armi. Ma che riesce anche a invertire i ruoli della scala sociale.
Sorprendente ha trovato spazio anche l’Italia con il Prix du Jury assegnato a "Le otto montagne" con Luca Marinelli e Alessandro Borghi, scritto e girato della coppia belga Charlotte Vandermeersch e Felix Van Groeningen sul testo di Paolo Cognetti, in ex aequo con "EO" di Jerzy Skolimowski.
Delusione invece è arrivata da parte di "Close" di Lukas Dhont, che in molti indicavano come la Palma d’oro, che tuttavia ha ricevuto il Gran Prix, anch’esso in ex aequo con "Stars" at Noon di Claire Denis.
Meritatissimo il Premio alla regia attribuito al grande sudcoreano Park Chan-wook per il suo sofisticato e intelligente "Decision to Leave" (Heojil Kyolshim), che ha festeggiato il premio con l’attore sudcoreano Song Kang Ho che – paradossalmente – l’ha però ricevuto per un film giapponese, ovvero "Broker "di Kore-eda Hirokazu.
All’attrice iraniana Zar Amir Ebrahimi per il suo intenso ruolo in "Holy Spider " di Ali Abbasi è invece andato quello per la miglior attrice: un ruolo importante e politico di una giornalista che indaga sui crimini commessi contro delle giovani prostitute in un Iran intollerante e ipocrita.
La miglior sceneggiatura è andata al regista e sceneggiatore svedese/egiziano Tarik Saleh per il suo bel "Boy From Heaven", una spy story che si svolge nel mondo dell’università coranica de Il Cairo. Eccezionalmente per il 75° anniversario, la giuria ha pensato di inventarsi un nuovo premio, e questo è andato ai fratelli Jean-Pierre et Luc Dardenne per il loro "Tori and Lokita".

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Ultimo aggiornamento: 29/03/2024 11:25