Codroipo, Libri

Come papaveri rossi, tra storia e coscienza

di Silvia Polo

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Fare i conti con la Storia, quella con la S maiuscola, che ci riguarda sempre, ogni giorno. Il peso della Storia nella costruzione della nostra conoscenza (e coscienza) è diminuito oltremodo. Una riflessione profonda e doverosa che scaturisce dal garbo e dall’autorevolezza dello scrittore Angelo Floramo, atteso e stimato da un pubblico ragguardevole per una riapertura d’anno già speciale del Caffè Letterario.
Il volume presentato, attualmente finalista della XII edizione del premio FiuggiStoria, è “Come papaveri rossi” edizioni Bottega Errante, romanzo storico e biografico ambientato tra una lontana e poverissima Sicilia, da poco divenuta italiana, fino a raggiungere un paesino del confine orientale, in quel disgraziato periodo che fu il fascismo, soprattutto per quelle zone. L’arco temporale abbraccia eventi politici e sociali di un periodo complesso, sofferto: il governo della Sinistra storica, la Questione meridionale, i briganti, le terribili repressioni contadine - precedute da feroci vessazioni - fino alla prima guerra mondiale e al regime; su tutto domina lo strapotere e l’impunità di alcune istituzioni sorde e incapaci di comprendere una realtà troppo diversa, giudicata arcaica e pericolosa. I vessati sono popolani semplici, ma votati alla causa della libertà, con ideali forti che li rendono straordinari.
Molta storiografia ufficiale ha spesso stroncato la Questione meridionale presentandola attraverso una serie di semplificazioni, come necessità di ordine pubblico, di giustizia e di sicurezza nazionale, secondo una prospettiva univoca. Ma la storia è ben più complessa. Floramo vuole pungere, e mai più adatto è questo momento storico in cui viviamo per dare più voce a questi fantasmi del passato, cogliendone molte similitudini col presente: la lotta tra chi porta il cappello e chi deve togliersi il berretto c’è ancora, al di là delle apparenze che vogliamo ancora comodamente vedere. Puntare il dito su una minoranza scomoda e relegarla o disperderla sembrerebbe ancora oggi una buona soluzione. Non lo è.
Il libro è ricco di suggestioni foniche e linguistiche, l’autore ha dovuto ricostruire e modellare con maestria una lingua aspra, scorbutica ma incredibilmente fraterna. “Scardinare il modo di parlare, lo stile, è stata operazione primaria, necessaria, più ancora della storia, che avevo più volte sentito narrare da mio nonno” ci dice l’autore dopo gli intensi momenti di lettura del romanzo da parte di Martina del Piccolo, che lo ha affiancato nel racconto delle storie di Duzzo Floramo, di Narosalia e di Ninuzzu (il nonno di Angelo Floramo) nonché degli altri personaggi, la cui voce risuona a volte dolce, a volte tuona forte di rabbia, di animo, di bestemmie. Sono papaveri rossi che si stagliano coraggiosi nel mare di spighe, sotto il sole cocente della Sicilia.

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Ultimo aggiornamento: 28/03/2024 01:48