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Mantenere vivi gli anticorpi contro odio e xenofobia

di Silvia Iacuzzi

Tra le liste dei “giusti”, quegli uomini che hanno aiutato a salvarne tanti altri da massacri e genocidi come Oscar Schindler e Giorgio Perlasca, bisogna ricordare anche quelle drammaticamente più recenti di Pierantonio Costa, ex console onorario italiano in Ruanda dal 1988 al 2003 e candidato al Nobel per la pace nel 2011.
Era il 6 aprile 1994 quando l’aereo del Presidente ruandese Habyarimana fu abbattuto mentre atterrava all’aeroporto di Kigali, capitale del Ruanda, di ritorno da un incontro per definire il processo di pace dopo 4 anni di guerra civile tra le etnie degli Hutu e dei Tutsi, un accordo che non piaceva all’esercito ruandese e agli Hutu più intransigenti. La morte di Habyarimana fu usata come pretesto per scatenare dopo poche ore una guerra etnica che portò al genocidio dei Tutsi e dei moderati da parte degli Hutu, un massacro programmato da tempo con squadre di milizie addestrate ad uccidere. Gli “scarafaggi”, questo il soprannome dato ai Tutsi dai loro persecutori, sono una minoranza ma l’élite del paese, favoriti dai colonialisti belgi. Le potenze coloniali e straniere nel corso del Novecento non avevano fatto altro che aumentare la tensione tra le varie etnie per poterle controllare meglio e per vendere armi ai vari gruppi. Nella primavera del 1994 l’ONU, i belgi e i francesi come tutti gli altri contingenti stranieri presenti nel paese non intervennero, anzi molti se ne andarono in gran fretta, impegnati com’erano a gestire altre situazioni drammatiche nell’ex-Yugoslavia e in Somalia. Un milione di persone furono uccise in Ruanda in 100 giorni. Tutti ricordiamo le immagini terribili di violenze atroci e carneficine in cui non furono risparmiati nemmeno i luoghi sacri e gli orfanotrofi.
Pierantonio Costa e la sua segretaria Renata Tomini erano lì. Dopo aver provveduto al suo dovere istituzionale di evacuare i connazionali ancora presenti in Ruanda, Costa si rese conto che la sua coscienza gli imponeva di aiutare tutti quelli che poteva. Con le sue conoscenze, le sue esperienze e anche le sue risorse economiche organizzò camioncino su camioncino e riuscì a salvare duemila persone. A fine giungo 1994, quando il prefetto di Butare, città ruandese a 130km dal confine con il Burundi, gli firmò il lasciapassare per una lista di 375 bambini stipati in 3 minibus e gli disse di non tornare più, Costa capì che il suo tempo era scaduto.
Il protagonista ha raccontato la sua storia a Codroipo nella sala conferenze della BancaTER su iniziativa dell’Assessore alla cultura del Comune di Codroipo Tiziana Cividini, che l’aveva già proposta ai ragazzi delle 5e dell’Istituto Linussio, riscontrando l’importanza di queste testimonianze per far capire e riflettere anche i più giovani.
Il racconto di Costa è stato reso ancor più vivo dalla visione del docu-film “La lista del console”, una produzione RAI del 2009 sulla base dell’omonimo libro del 2004 del giornalista Luciano Scalettari che narra proprio cosa accadde in Ruanda nella primavera del 1994 e come Costa riuscì a salvare tante persone. Presenti in sala Alessandro Rocca, il regista del documentario, e Scalettari hanno spiegato come la loro intenzione fosse quella di tener viva la memoria perché queste atrocità non continuino a ripetersi e per “mantenere vivi gli anticorpi contro l’incitamento all’odio e alla xenofobia, perché è facile scivolare più in là” e perché come “i giusti”, persone normali che si adoperano per salvare gli altri, dobbiamo difendere quel “sottile strato di vernice che ricopre l’abisso dell’odio e della follia assassina”.
L’ex ministro dell’educazione del Ruanda, Romain Murenzi, in carica dal 2001 al 2006 ora residente a Trieste dove dirige l’Accademia mondiale delle scienze per il progresso scientifico dei paesi in via di sviluppo, era presente in sala e ha voluto ringraziare Costa personalmente e puntualizzare come, una volta restaurata la pace, si sia puntato proprio sull’educazione per coltivare i valori della riappacificazione e dell' "ubumuntu" (umanità, generosità) tra i giovani ruandesi e per far sviluppare loro uno spirito critico, perché sappiano riconoscere e dire no all’odio e alla follia e non ne siano più complici.
Ultimo aggiornamento: 19/04/2024 07:14