29/11/2017
Codroipo
Il senso della vita: Mauro Corona all'Ute
di Pierina Gallina
Fisico atletico, da eterno ragazzo, bandana nera sulla chioma incolta, barba e baffi ispidi, bottiglietta di birra in mano e giubbino créme annodato. Così, con quel sorriso sornione che lo rende personaggio, un “alcolista neanche più anonimo, con le utopie provocatorie e le filosofie strampalate”, si è presentato al gremito pubblico, nella sede dell’Ute. Nessun discorso fedele a scaletta ma ruota libera, apparentemente senza capo né coda, dispensatrice di sofferta serenità e ruspante saggezza. Esploratore della vita, commovente a tratti, come quando ha detto che il padre, dalla barba lunga un metro, ha mandato in coma tre volte la madre Lucia. Grande lettrice, ha dovuto abbandonare la famiglia quando lui, Mauro, aveva solo sei anni. “La violenza sulle donne c’è sempre stata. Le donne avrebbero diritto a un punto in più rispetto alla parità ma non la otterranno mai se prima non avranno la dignità”. “Bisogna lasciare traccia di noi” ha ribadito con forza, “se non ci interessa la memoria è l’inizio della fine. Bisogna scrivere per imbalsamare la memoria e accontentare la curiosità. Scrivere è un dovere. Macedonio Fernandez, maestro di Borges, diceva che “bisogna scrivere per lottare l'oblio che cancella gli ultimi dalla terra, per non finire nelle discariche del tempo”. Bisogna creare un progetto per il futuro e, oggi, i giovani non hanno progetti e ciò farà danni enormi. Ognuno di noi è un albero. Se uno è carpino non può essere una betulla. Il nichilismo odierno, il disinteresse personale del terzo millennio è tragico. Oggi si hanno troppe cose, troppo cibo. I nuovi faraoni pensano solo ai soldi ma, se ha troppo olio, la lampada si spegne. I giovani hanno paura della fatica, sono drogati di cose, si sentono defraudati se non hanno il tale oggetto. Io sono stato sempre essenziale. Ho visto giovani d'estate che vanno in giro con magliette con la scritta Oxford University ma io non ho mai visto un inglese con la maglietta dell’Università di Udine. Bisogna educare la nuova civiltà, partendo dai bambini, da zero, insegnando loro la fatica, la sofferenza, a guadagnare le cose per apprezzarle. Perché i bambini non sono mica buoni, ma la colpa è dei genitori. I bambini andrebbero tolti a certi genitori, subito, appena nati. La miseria crea opere d’arte come la solitudine, che dà piacere e non deve fare paura. Oggi si comprano perfino le lauree. Ma chi dà la laurea ai buoni a nulla? Noi italiani siamo i tecnici del cordolo, grandi fantasisti ma poi paga la gente. Noi dovremmo vivere di rendita con le opere d'arte e i prodotti terra. E invece…
I politici: Dovrebbero superare un esame prima di candidarsi, per vedere se sanno i congiuntivi, se hanno letto Dickens e se sanno qualcosa di politica. Sono dei buoni a nulla e io sogno che, un giorno, gli italiani non vadano più a votare.
La Vita: È come una scultura. Il tempo che ci resta dobbiamo viverlo bene perché una vita è un romanzo. C’è chi ha solo la copertina, chi ha 100 pagine. Ma nessuna casa editrice fa la seconda ristampa. Chi può, deve vivere di essenziale, stare con i figli. Cercare l’oggetto in più crea ansia. L’orologio mi serve a misurare il tempo ma se è di valore mi crea problemi. La libertà è non avere cose di valore. Togliendo apprezzi e gusti di più se togli. Meglio non farsi domande perché danneggia la Vita, che accade e basta.
L’Amore: È come una fisarmonica. Devi allontanare altrimenti stanca. L’amore è un dono ma abbiamo dimenticato le parole dono e perdono. La gente non si parla, non siamo buoni. La guerra siamo noi, con molte eccezioni di bontà. Permalosità e invidia distruggono l'umanità.
Lettura: Leggere salva la vita. Grama quella casa dove non entra mai un libro. Leggere crea uno stile. Non serve andare in India a meditare. Meglio entrare in un libro.
Il rammarico: Il Friuli sta dimenticando ignobilmente Carlo Sgorlon.
Una cascata di pillole di saggezza dispensata da un uomo di 67 anni, nato su un carretto in Trentino nel 1950, residente a Erto e Casso, in provincia di Pordenone. Un’infanzia difficile la sua, dura, incisa da dispiaceri, vissuta con il nonno di un metro e 96, la nonna e la zia sordomuta ma veri intellettuali analfabeti che gli raccontavano storie e gli hanno insegnato tutto ciò che sapevano.
Uomo di montagna, cacciatore, arrampicatore al limite delle capacità umane, Mauro Corona ha coltivato le espressioni artistiche, manuali, letterarie. Racconta storie e le scrive. Infatti, è autore di svariati libri, alcuni dei quali bestseller.
Con “Noi siamo antichi come la terra ma giovani come le stagioni” ha salutato il pubblico che lo ha ringraziato con un lunghissimo applauso e si è messo in coda per stringergli la mano.