Varmo

Come muoiono i nostri paesi

di Oscar Venier

Qualche volte di morte violenta, come nel caso del Vajont o del terremoto, magari per poi risorgere più o meno (magari meno) uguali a prima. Più spesso di una lenta, interminabile agonia da cui, oltre un certo limite, non potranno più sollevarsi. Varmo appartiene a questa seconda categoria. I negozi chiudono per non riaprire più, perfino i bar e le osterie. La gente se ne va, i giovani attratti da città più ricche di vita, magari anche all’ estero. I vecchi abbandonano le loro case vaste e ormai vuote per andarsene nelle case di riposo, oppure in comodi appartamentini senza scale, nei paesi confinanti, Rivignano o Codroipo, dove ci sono più servizi, negozi e supermercati vicini e sempre aperti, bei mercati il lunedì o il martedì.
Gli impiegati del municipio vanno in pensione, quelli più giovani si mettono in mobilità per non restare intrappolati in questo paese morente. Chissà se e quando verranno sostituiti. L’ unico vero patrimonio dal paese, quello naturalistico, viene trascurato, fossi che spariscono, boschette che si abbattono, stradine di campo inghiottite dai campi di mais e di soia. Nell’ indifferenza generale. E gli alberi, i grandi alberi centenari vengono lasciati senza cure, colpevoli di avere fronde troppo rigogliose o radici troppo invadenti. Finché dopo l’ennesimo fortunale l’ennesimo amministratore, piangendo lacrime di coccodrillo, allarga le braccia e sospira “purtroppo bisogna abbatterlo”.
Ho assistito lunedì 11 Ottobre al primo Consiglio Comunale aperto al pubblico del dopo Covid. Sono restato sorpreso dalla numerosità del pubblico, ma era solo una illusione ottica: le persone presenti erano quasi tutte rappresentanti delle associazioni d’arma venute perché al primo punto all’Ordine del Giorno c’era il conferimento della cittadinanza onoraria di Varmo al Milite Ignoto. Espletata la formalità tutti i convenuti con le loro bandiere e i loro cappelli piumati si sono frettolosamente dileguati, guardandosi bene dal seguire il resto dei punti in discussione, a dimostrazione dell’indifferenza dei miei concittadini nei confronti della cosa pubblica.
Poi, verso la fine del Consiglio Comunale, in una delle tante discussioni sulle variazioni di bilancio, un esponente della minoranza ha chiesto al Sindaco a che punto fosse la nomina della Commissione Biblioteca. Istituita da sempre e in ogni comune, a Varmo in particolare è stato in pratica l'unico ente a proporre cultura negli ultimi vent'anni. La Commissione è laica, nel senso che al suo interno l'unico rappresentante dell'amministrazione è l'assessore alla cultura. Per il resto sono presenti insegnanti delle scuole elementari e medie, rappresentanti delle associazioni e semplici cittadini con la voglia di dare una mano. Ovviamente tutti partecipano a titolo gratuito. Negli anni, oltre a innumerevoli incontri, presentazioni, rassegne teatrali, concerti, corsi di lettura e di scrittura, ha proposto ininterrottamente dal 2003 il concorso “penna e calamaio” aperto a scrittori in erba delle scuole elementari, medie e superiori di tutta la regione, e le maratone di lettura dedicate a bambini e adulti. Tra i suoi compiti la selezione dei testi da acquistare e l'organizzazione in varie occasioni di mercatini dei libri usati derivanti da doppioni, lasciti e donazioni per finanziare ulteriori acquisti e altre iniziative culturali.
Alla domanda del consigliere di minoranza il Sindaco ha risposto che non era intenzione della sua amministrazione istituire la Commissione, balbettando l'imbarazzante scusa del Covid. Proprio nel momento in cui tutte le attività culturali sul territorio nazionale riaprono con presenza al 100%. Mi sarebbe piaciuto sapere dall'Assessore alla cultura Veronica Panigutti cosa ne pensasse di tutto questo. Anche se posso immaginarlo, dato che curiosamente è anche assessore al bilancio. Probabilmente la pensa come un suo illustre predecessore Ministro dell'Economia con la erre moscia che sosteneva che “con la cultura non si mangia”.
Tant' è, oggi ho scritto l'epitaffio della Commissione Biblioteca di Varmo, di cui anch'io, in varie riprese e in vari ruoli, ho fatto parte. Un altro piccolo passo verso l'estinzione civica del nostro paese.
Io abito a Romans, la più grande delle frazioni di Varmo e la più abbandonata a sé stessa, nonostante la pletora di vicesindaci, assessori e capigruppo che ha espresso in questi anni in Consiglio Comunale. Ma non scapperò, resterò qui fino alla fine perché, come mi canta Guccini “...tutto questo lo sai e sai dove comincia / la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia...”

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Ultimo aggiornamento: 26/04/2024 20:47