Economia

A nudo gli equivoci in Europa

di Graziano Vatri

La vittoria di Donald Trump dimostra che il consenso che ha nel paese non è un fenomeno effimero, ma risponde a tendenze fortemente presenti nella società americana. Và inoltre evidenziato come il peso degli USA nell’economia mondiale sia notevolmente diminuito a fronte della crescita di altri grandi paesi e in particolare della Repubblica Popolare Cinese, il grande capitale americano ha compreso che senza recuperare il primato economico, gli USA sono destinati a non essere più la superpotenza di un tempo. Il gruppo di capitalisti che sostiene Trump, rafforzato dall’ingresso di Elon Musk, ha una sua linea per portare avanti questo obiettivo che diverge da quella del Partito Democratico. Quali sono gli elementi? Forti dazi non solo verso le merci provenienti dalla Cina, ma anche dall’Unione Europea; scaricare le tensioni sociali con il blocco dell’immigrazione; forti agevolazioni fiscali alle grandi compagnie per rilanciare l’economia; riduzione della parte delle spese militari destinate all’Europa; accordi con la Russia condizionati alla rottura con la Cina. Può essere considerata una novità l’introduzione di dazi protettivi da parte americana sulle importazioni? Niente affatto. Basti ricordare la questione della carne allevata con gli OGM durante le presidenze Obama e, andando ancora indietro nel tempo, all’aumento del 40 % dei dazi sulla pasta alimentare importata dall’allora CEE ai tempi di Reagan. C’è però una differenza tra la linea di Obama e quella di Trump. Il primo riconosceva formalmente l’Unione Europea, ma a patto che si adeguasse alle decisioni di Washington. Il secondo vede nella UE un forte concorrente commerciale e quindi vuole condurre i rapporti da posizioni di superiorità negoziando con i singoli stati europei. La supremazia finanziaria di Wall Street non può durare a lungo se gli Usa perdono il primato produttivo e tecnologico a favore della Cina e di conseguenza il dollaro farebbe la fine della sterlina quando l’Inghilterra perse a sua volta il primato industriale. Risulta quindi evidente che le posizioni politiche finora espresse da Trump creeranno seri problemi nei rapporti tra USA e Unione europea. Non è un caso che i primi a congratularsi con lui siano stati Orban e Salvini, ovvero due avversari dell’integrazione europea. Cosa di meglio per i nazionalisti, i sovranisti, che un Presidente americano che vuole trattare con i singoli stati europei e non con l’Unione europea come soggetto politico? Cosa di meglio per quanti, per interessi economici fin qui tenuti sottotono, aspettavano il momento buono per riprendere pieni rapporti con il governo della Federazione Russa, di un Presidente americano che ha fatto capire che il governo ed il popolo ucraino devono accettare la perdita di una parte del loro territorio nazionale? I nodi politici che l’Europa ha a lungo evitato di sciogliere, compresi gli anni dell’amministrazione Biden, verranno così a galla e, in questo senso, la rielezione di Trump è un fatto positivo perché se non altro rompe l’ambiguità nei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico. Si può prevedere che i primi nodi saranno i dazi sulle esportazioni dall’Europa agli USA, le spese militari nella NATO , gli aiuti all’Ucraina. Nell’affrontarli, la cosa da fare in primo luogo è presentare nei rapporti con la nuova amministrazione americana l’Unione europea unita e non cadere nel tranello delle varie relazioni bilaterali che Trump intenderà proporre. Se l’attuale governo o parti di questo, dovessero seguire questa strada , le forze democratiche , i lavoratori , dovranno opporsi. Le divisioni tra paesi, il presentarsi in ordine sparso a Washington, non sarebbe che un danno per tutti i soggetti economici e sociali. I loro interessi vanno difesi nel loro insieme, nell’insieme della base industriale e produttiva. Nell’affrontare questi nodi è da mettere in conto che vi saranno forze all’interno dei paesi europei , quindi anche dell’Italia , che si opporranno. Sentiamo già le parole di quanti diranno che le risorse necessarie perché l’Unione europea si doti di una deterrenza militare a garanzia della sicurezza delle sue frontiere, siano destinate invece alla sanità, come se le due cose fossero in contrasto tra loro. Sentiamo già gli appelli alla pace in Ucraina che si otterrebbe cessando gli aiuti militari ovvero invitando il popolo ucraino alla resa. Alcune di queste forze non vedono che l’unità dei popoli europei è la base su cui poter garantire e migliorare il sistema europeo, costruire una società più avanzata dell’attuale in cui i lavoratori e le varie realtà sociali, siano protagoniste. Se mai ce ne fosse ancora bisogno, la rielezione di Trump rende ancora più evidente la necessità di costruire una linea di indipendenza e sovranità economica, politica e di difesa dell’Europa. Il futuro ci indicherà se la lezione è stata finalmente capita.
Ultimo aggiornamento: 05/02/2025 14:31