Ricordi

Le ragioni di Stato e il conflitto con la storia

di Gino Monti

Molti sono gli eventi oscurati dalla Storia per ragioni di Stato, a due dei quali dedico questa narrazione.
Il primo di essi risale agli albori della nostra Nazione e porta il nome di due piccole cittadine della provincia di Benevento: Pontelandolfo e Casalduni. Correva l’anno anno 1861. L’11 agosto di quell’anno 45 bersaglieri e 4 carabinieri furono sopraffatti e impiccati agli alberi dai cosiddetti briganti. Il 14 agosto due formazioni di bersaglieri marciarono ognuna su ciascuno dei due paesi. L’ordine scritto dal Gen. Cialdini e avallato dal Governo contemplava la “distruzione” dei due paesi e lo “sterminio” degli abitanti. Per evitare equivoci, nell’ordine si precisava che “dei due paesi non deve rimanere che pietra su pietra”. L’evento fu omesso dalla storiografia ufficiale e poi pilotato verso un generale oblio. Nel marzo 2010, esattamente dopo 149 anni, lo Stato ha riconosciuto Pontelandolfo come luogo della ‘memoria’.
Il secondo evento risale al 13 giugno 1946, quando alle ore 15 il Re d’Italia, Umberto II, lasciò il Quirinale diretto all’aeroporto di Ciampino dove l’attendeva un quadrimotore SM 95 al comando del Capitano Lizzani (fratello del regista Carlo). Il Governo era presente con i ministri Raffaele de Courten e Mario Cevolotto . Quello stesso mattino il Re aveva indirizzato agli Italiani un messaggio che diceva “Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi e al potere sovrano della magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario assumendo con atto unilaterale e arbitrario poteri che non gli spettavano e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire violenza”.
Vediamo cos’era successo. Il 4 giugno 1946 il Governo ebbe dalla Corte di Cassazione notizie sullo spoglio dei voti espressi dagli Italiani nel Referendum per la scelta fra Monarchia o Repubblica. I risultati, fino a quel momento, indicavano una sicura vittoria della Monarchia, ma due giorni dopo le cose si ribaltarono. Le calcolatrici del ministro Romita subirono spostamenti che di colpo permisero ai repubblicani un vantaggio incolmabile. Il 10 giugno, nella sala della Lupa a Montecitorio, davanti al pubblico convenuto e alla Corte di Cassazione ivi riunita, il Presidente della Corte Giuseppe Pagano dette lettura dei risultati del referendum: Monarchia 10.719.284 voti; Repubblica 12.717.923 voti. Il Presidente Pagano, inoltre, precisò che la proclamazione della Repubblica era subordinata ad un’altra incombenza della Corte: esaminare eventuali ricorsi o notizie di irregolarità. Ma il 12 giugno il Governo ruppe gli indugi e, senza attendere la pronuncia della Cassazione, che arrivò il 18 giugno bocciando tutti i ricorsi, nominò il Capo del Governo Alcide De Gasperi provvisoriamente anche Capo dello Stato per colmare il vuoto istituzionale lasciato dall'esito del referendum. Le ragioni di Stato avevano prevalso salvando l’Italia da giorni difficili e inevitabili sofferenze.
Ho ricordato questi due eventi per indicare che le Ragioni di Stato, per quanto sostenute con decisioni apparentemente arbitrarie, sono pressoché sempre dettate dalla salvaguardia dell’onore e nel primario interesse del popolo.

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Ultimo aggiornamento: 25/04/2024 17:10