28/07/2023
Economia, Lettere
Mario Draghi sulle sfide per l'Europa in vista delle europee
di Graziano Vatri
La lezione in pieno periodo estivo, al National Bureau of Economic Research di Cambridge (Massachussets), da Mario DRAGHI, merita molta più attenzione di quella che le hanno dedicato pur importanti giornali come il Corriere della Sera. Con la competenza di chi ha vissuto certi avvenimenti, l’ex governatore della BCE e già presidente del consiglio italiano, analizza i problemi intrinseci all’attuale assetto dell’U.E, le potenziali conseguenze negative in tempi di crisi, ma ne vede anche le capacità di reazione, soprattutto delinea i cambiamenti necessari per far fronte alle sfide odierne o prossime. Ulteriore merito di questa lezione è che sia proprio un grande tecnico (e su questo non ci sono dubbi) a dare una lezione fortemente politica. Infatti, la consapevolezza politica non è privilegio di una corporazione, ma è patrimonio di chi si sente responsabile per il bene della civitas. Attingo agli scarni lanci di agenzia nel merito di questa interessante conferenza. DRAGHI inizia da un celebre dibattito innescato da autorevoli economisti americani sulle cosiddette “aree valutarie ottimali”. In sostanza la tesi era che in mancanza di una significativa omogeneità nei grandi indicatori economici tra i paesi aderenti ad una Unione monetaria, si sarebbero generati shock asimmetrici che avrebbero portato alla crisi della stessa. L’ex premier, non nega che l’Eurozona mancasse, alla sua origine, dell’omogeneità che quegli economisti richiedevano e riconosce che questa situazione abbia generato nella crisi del 2008-2012 pesanti asimmetrie tra i paesi membri, ma sostiene che, in Europa, un determinato intervento politico delle istituzioni sovranazionali (Banca Centrale, Consiglio e Commissione), armato di ingenti risorse finanziarie comuni, ha contrastato efficacemente le spinte asimmetriche e la frammentazione. Per esempio abbassando drasticamente i tassi di interesse nei paesi più colpiti e rifinanziando i sistemi bancari. Si è così evitato, grazie al prevalere della fedeltà politica al lungo e faticoso progetto di integrazione europea, il collasso dell’Eurozona con tutte le conseguenze che ne sarebbero derivate. In forme diverse, questo si è ripetuto durante la crisi pandemica con il grande piano di ripresa (New Generation EU). La variabile politica è dunque molto rilevante e può bilanciare le variabili economiche. Tutto bene allora? Draghi è troppo consapevole dei problemi europei per accontentarsi di quanto l’Unione abbia fatto. Le sfide non sono finite e quelle davanti all’Europa sono di prima grandezza: sfida ambientale, sfida della sicurezza che ora si verifica ad Est, ma sempre di più anche a Sud, nel Mediterraneo ed in Africa, sfida delle grandi catene di approvvigionamento e dell’autonomia strategica con il rapporto con la Cina da rivedere, sfida delle migrazioni. Tutto questo richiederà massicci investimenti nei prossimi anni. La scelta è se lasciarne la responsabilità principale agli stati membri, mentre l’Unione si limita a dettare regole comuni, oppure decidere che sia l’Unione a farsene carico in parte importante con un impegno di bilancio decisamente maggiore di quello attuale. Qui la risposta di Draghi è, ancora una volta, molto chiara. Lasciare la responsabilità agli stati membri significherebbe non raggiungere la massa critica di risorse necessari per queste sfide, ma cosa ancora più grave, allargare il divario tra gli stati che per la loro disponibilità di bilancio si possono permettere interventi massicci e quelli che, invece, non possono. Si riaprirebbero prospettive di frammentazione, accompagnate probabilmente da spinte populiste anti-europee. La strada da perseguire è allora di dare all’Unione, risorse di bilancio ben più consistenti e di apprestare regole di decisione meno dipendenti dall’unanimità. Sulla lezione Draghi, ci farebbe piacere sentire che giudizio ne danno il capo del nostro governo, ma anche i vari leader dell’opposizione, anche perché potrebbe trattarsi di un elemento essenziale della prossima campagna per le elezioni europee che comporta un’investitura popolare. Aggiungo anche che, sarebbe veramente una grande opportunità, se la classe dirigente europea affidasse a Mario Draghi, una delle cariche di vertice da rinnovare nei prossimi mesi.